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Turismo, questa Venere non è la dea della bellezza

Venere spot La Venere della campagna pubblicitaria

Scambiare le torri di Properzio di Spello per il Cassero di Perugia, per gli umbri come noi, è sicuramente un grave errore. Ma per il forestiero, il turista che ci guarda da lontano come può essere l'americano che sogna l'Italia, è sicuramente poca cosa. Anche l'effetto che ha su di lui non comporta un danno irreparabile: le immagini della nuova campagna pubblicitaria voluta dal ministero del Turismo presentano, comunque, agli occhi di chi non ci conosce, un'Umbria ricca di meraviglie da scoprire. E le torri di Properzio sono un tesoro di grande bellezza, capaci di attrarre l'interesse dei turisti a prescindere dall'esatto luogo dell'Umbria nel quale si trovano. Non ce la prendiamo, quindi, con chi ha realizzato la campagna Open to meraviglia. L'errore c'è stato e sicuramente verrà corretto, come tutti gli altri che, giorno dopo giorno, saltano agli occhi dei più critici. Ma, dopo aver visto apparire, stravolta nelle forme e nelle vesti e perfino con un cellulare in mano, una Venere del Botticelli nei panni di un'improbabile promoter, un paio di domande a chi l'ha commissionata le poniamo: c'era davvero bisogno di una campagna del genere? E c'era necessità di chiedere di puntare tutto su un'imitazione di quanto fanno, spesso troppo superficialmente, gli influencer?
L'Italia è il Paese più bello del mondo ed è talmente meravigliosa che si potrebbe promuovere da sola, se avesse tutti i servizi del settore turistico efficienti e la ricettività di qualità a un buon rapporto qualità/prezzo. Inoltre, in tutte le epoche, è stata una culla di creativi. Se ora, quindi, pensiamo di dover imparare qualcosa dagli influencer e di arrivare al punto di imitarli per aumentare gli arrivi (e chissà di quale target...) siamo sicuramente fuori strada. Quei 9 milioni di euro e più, spesi per Open to meraviglia, forse, era meglio investirli altrove. Non avrebbero risolto tutti i problemi del nostro settore turistico, ma magari avrebbero permesso di recuperare qualche tesoro dei tanti che stanno irrimediabilmente andando in rovina. O avrebbero consentito di pagare lo stipendio a qualche custode in più che permettesse di riaprire quei tanti monumenti che siamo costretti a tenere chiusi per mancanza di personale.Oppure avrebbero permesso di migliorare la segnaletica turistica per indicare l'esistenza di quei posti magnifici che spesso neppure noi, che viviamo nelle loro vicinanze, sappiamo esistere.
Sergio Casagrande
sergio.casagrande@gruppocorriere.it
Twitter: @essecia

Sergio Casagrande inizia l'attività giornalistica all'età di 14 anni, nel 1981, come collaboratore de Il Tempo e della Gazzetta di Foligno. E' stato il più giovane pubblicista (1985), il più giov...