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Il coraggio di Sansonetti per quei saluti romani come omaggio a Sergio Ramelli

Piero Sansonetti Piero Sansonetti

Chissà se anche all'Unità potrà scrivere con la stessa libertà che si prende su twitter, Piero Sansonetti. Ma colpisce per onestà la sua presa di posizione ? perché è un uomo di sinistra convinto ? sulla commemorazione che come ogni anno si è svolta a Milano nell'anniversario dell'assassinio di Sergio Ramelli. Questi era un giovane militante di destra, preso a sprangate a nemmeno venti anni di età e morì dopo diverse settimane di coma. E sempre si radunano attorno al luogo dell'agguato tanti esponenti di destra per il loro "presente", il saluto romano come omaggio per il martirio.
Ha scritto Sansonetti, scatenando non poche polemiche: "Ma perché ci si indigna se un migliaio dì persone fanno il saluto romano alla cerimonia per Ramelli? Non è più giusto indignarsi con quelli che l'hanno ucciso a sprangate? Sergio era un ragazzino del liceo, diamine, l'umanità dove è finita?". Ha colto il punto, il direttore del Riformista in transito all'Unità. Perché da troppo tempo la vittima sembra quasi che se lo sia meritato di morire in un modo barbaro. Eppure, in alcuni ambienti la pietà è sconosciuta e siccome Sergio Ramelli è salutato romanamente si grida allo scandalo.
Farebbero bene a tacere, gli indignati fasulli, perché non può esserci sconcerto se chi la pensava come lui gli tributa l'omaggio ogni volta che ne ricorre l'anniversario della morte. Quest'anno, ancora di più, perché al governo ci sono quelli del centrodestra e quindi l'"indignazione" serve solo a creare baccano. Sansonetti non ha certo cambiato opinione e ha ribadito a chi ne contestava la posizione che "da antifascista convinto, tra chi fa il saluto romano e chi ti uccide a sprangate scelgo cento volte, mille volte il fascista". Chapeau. Il che dovrebbe essere considerato normale, ma non in questo strano paese dove per troppi anni è valso lo slogan "uccidere un fascista non è reato". Non è così, dice Sansonetti. Ed ha ragione lui.